“Che fine ha fatto AGON?” sarà una serie di incontri informali, al #Pigneto da @arcisparwasser , con ospiti d’eccezione. Parleremo di psicologia, politica internazionale, design dell’esperienza e dispositivi identitari, riot e sociologia. Ma a modo nostro, con una birra in mano e voglia di parlare in modo complesso e problematico di #videogiochi.
Ecco i primi 3, accesissimi, incontri:
11/02: Lorena Rao, Fabrizia Malgieri, Tiziana Pirola
Maschi contro Femmine: Agon inteso come competizione che il femminile deve vivere nella comunità gamer in Italia. Presenteranno il loro libro “Videogioco, femminile plurale”.
11/03: da IN/VISIBIL3 Festival, Letizia Vaccarella e Marco Spelgatti
Combattere per essere vist3: Agon come riot, antagonismo, rappresentare idee non conformi alla società. Come organizzare un festival antagonista, quali prospettive e situazioni per l’inclusione nel gaming in Italia.
15/04: Roberto Recchioni
War… war never change: Agon come warfare e fantapolitica nelle narrative videoludiche che sempre di più anticipano infelicemente la realtà: videogiocare prepara l’umanità al disastro o riflette una tendenza autodistruttiva?
Come #ExMachina analizziamo il mondo videoludico come lente per osservare il contemporaneo, e viceversa.
“Che fine ha fatto AGON?” è una domanda provocatoria, e la domanda di ricerca che questa stagione 2025 ci poniamo come #collettivo.
Un mondo che tende sempre di più a metterci in competizione: tra noi e le performance che ci richiedono ogni giorno, tra noi e la pressione sociale, tra noi e l’idea che solo “combattendo” avremo qualcosa.
“Agon” è uno degli schemi di Caillois, uno dei macrogruppi di catalogazione di motivi emoziogeni per cui giochiamo, il piacere della competizione. Ci deve essere un conflitto, un vincitore. Se rimanesse nell’ambito volontario e improduttivo, sarebbe fantastico.
Ma purtroppo come diceva Huizinga “la società si sviluppa col gioco, come un gioco”: ed eccoci infatti. Messi uno contro l’altro, spesso sfruttando meccaniche che la vita vera e il capitalismo prendono a piene mani dal mondo del gioco, subdolamente, perché è il momento in cui ci sentiamo liberi e coinvolti.