Fabio Severo in dialogo con Giorgio Di Noto, Alessandro Dandini de Sylva e David Mozzetta
Giorgio Di Noto ha progressivamente indagato la fotografia come mezzo instabile, ambiguo, sempre in bilico tra documento e invenzione.Questa traiettoria trova una nuova declinazione nella ricerca condotta nei depositi, nel laboratorio di restauro e nell’archivio fotografico del Museo Nazionale Romano: spazi solitamente inaccessibili al pubblico, in cui il passato non si espone ma si conserva, si cataloga, si prepara alla visione futura.Qui l’artista si misura con collezioni di sculture, mosaici, affreschi, epigrafi e oggetti di uso quotidiano dall’età repubblicana al tardo impero, e con lastre, negativi, stampe e diapositive relativi a scavi archeologici, restauri e documentazione di reperti dal primo novecento a oggi.In questo attraversamento, la fotografia di Di Noto diventa allo stesso tempo strumento stratigrafico e poetico, capace di interrogare non solo i reperti, ma anche le immagini fotografiche che li documentano, e con esse le condizioni tecniche e culturali della loro rappresentazione. Scavando tra immagini di archeologie, affiorano le tracce di un complesso processo di manipolazione che, per isolare i reperti, cancella e oscura, trasformando l’atto di rendere visibile in un gesto di sottrazione. Così, il documento diventa reperto, la mascheratura si rovescia in rivelazione, l’intervento tecnico si svela come atto creativo. Affidare a un artista visivo la lettura del patrimonio nascosto del Museo Nazionale Romano significa riconoscere che l’archeologia, come la fotografia, non è mai neutrale: è una pratica di scelta, di montaggio, di costruzione di senso. Il lavoro di Di Noto sembra ricordarci che ogni archivio custodisce più di ciò che dichiara; che la fotografia non è solo documento ma anche linguaggio; che ogni immagine non è mai compimento ma processo e che nel tempo continua a riaprirsi, trasformarsi e generare altre immagini.
Con testi di Edith Gabrielli, Agnese Pergola, Alessandro Coco e Andrea Pinotti e una conversazione tra Giorgio Di Noto e Alessandro Dandini de Sylva
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Fabio Severo in conversation with Giorgio Di Noto, Alessandro Dandini de Sylva, and David Mozzetta
Giorgio Di Noto has progressively explored photography as an unstable, ambiguous medium, constantly poised between documentation and invention.This trajectory finds a new expression in his research conducted in the storerooms, restoration laboratory, and photographic archive of the Museo Nazionale Romano: spaces usually inaccessible to the public, where the past is not exhibited but preserved, cataloged, and prepared for future viewing. Here, the artist engages with collections of sculptures, mosaics, frescoes, epigraphs, and everyday objects from the Republican era to the late Empire, as well as plates, negatives, prints, and slides relating to archaeological excavations, restorations, and documentation of finds from the early 20th century to the present day.In this crossover, Di Noto\’s photography becomes both a stratigraphic and poetic tool, capable of questioning not only the artifacts themselves, but also the photographic images that document them, and with them the technical and cultural conditions of their representation.Digging through images of archaeology, traces of a complex process of manipulation emerge which, in order to isolate the finds, erases and obscures, transforming the act of making visible into a gesture of subtraction. Thus, the document becomes a find, the masking is reversed into revelation, the technical intervention is revealed as a creative act.Entrusting a visual artist with the interpretation of the hidden heritage of the Museo Nazionale Romano means recognizing that archaeology, like photography, is never neutral: it is a practice of choice, of montage, of constructing meaning. Di Noto\’s work seems to remind us that every archive holds more than it declares; that photography is not only a document but also a language; that every image is never an accomplishment but a process and that over time it continues to reopen, transform, and generate other images.
With texts by Edith Gabrielli, Agnese Pergola, Alessandro Coco, and Andrea Pinotti and a conversation between Giorgio Di Noto and Alessandro Dandini de Sylva.



